"la lingua parlata dai serbi, dai croati e dai bosniaci è di fatto la stessa. oggi i serbi la chiamano serbo, i bosniaci bosniaco e i croati croato. ma quando parlano si capiscono perfettamente tra loro"
(denis tanovic)
vent'anni oggi dal riconoscimento della bosnia indipendente e dall'inizio della guerra nella ex jugoslavia. me lo ha ricordato radio popolare stamattina, mandando in onda vecchie registrazioni con le voci degli assediati, che parevano piovere dallo spazio. e la mente è istintivamente corsa ai film su quegli anni. e, in particolare, fra i tanti, a no man's land, di tanovic, messa in scena quasi teatrale della storia di un soldato bosniaco che resta bloccato su una mina, nel fondo di una trincea nella terra di nessuno in cui si trova anche un serbo. non può sollevarsi, altrimenti la mina esplode. un militare francese delle forze di pace vorrebbe intervenire, ma è bloccato dai suoi superiori, più preoccupati di rispettare la neutralità che di aiutare il giovane. una reporter inglese racconta tutto a un mondo protetto dagli schermi tv. nel finale, la metafora potente di una guerra che troppi hanno osservato da lontano - perché nessuno si azzardava a intervenire davvero - e che ha lasciato ferite profonde e mai sanate. eredità di una tragedia - ci dice tanovic con un misto di angoscia potente e ironia nera molto balcanica - in cui tutti sono destinati a perdere. recuperatelo, se potete. come tutti i film su qualsiasi conflitto, è un film su qualsiasi conflitto.
(nella foto, come giocavano i bambini di sarajevo)
treninellanotte@gmail.com
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