il romanzo la versione di barney è l'imperdibile sfogo di un perdente, arguto e alcolizzato, rabbioso e innamorato, rancoroso e sferzante: un flusso di ricordi, confessioni, aneddoti e ritratti. un punto di vista su fatti già accaduti: una versione, appunto. travarsarla al cinema è un'impresa impossibile: più facile svuotare il mare con un bicchiere.
stasera ho rivisto la versione di barney, il film di smith con paul giamatti e dustin hoffman a litigare su chi abbia più talento (adoro giamatti dai tempi di man on the moon, però che senso ha domandarsi chi sia più bravo?). e, pedalando verso casa, lungo la circonvallazione punteggiata di lucciole - quelle lucciole - ho pensato che il tema centrale (anche) del film sia il rimpianto. per barney, il doloroso svanire dei ricordi attenua la ferita insanabile di ciò che si è perduto. l'amore, certo, ma anche gli amici, le scelte alternative, il tempo. e comunque, il rimpianto resta.
nel libro c'è molto altro: per esempio, l'ironia e l'autoironia yiddish, che sullo schermo si condensa nella sequenza delle assicurazioni raccolte spaventando i membri della comunità e in quel gesù che, dall'alto, invita alla pace, mentre il nostro eroe regola i conti con l'amico che ha messo incinta clara. smith cerca di far coincidere l'empatia del lettore per il barney-narratore in prima persona, con il suo affetto per il barney-personaggio che egli fa muovere sullo schermo. non capisco se renda un buon servizio al libro. temo non al film. che, disegna, però, uno degli uomini più autentici visti al cinema negli ultimi tempi. e ne rilascia tutta la purificante, malinconica consapevolezza della tragedia della vita. e delle infinite cazzate che si compiono nel suo nome.
cosa c'è da vedere a milano - l'agenda di treninellanotte: miracolo a le havre, di kaurismaki, dopodomani, venerdì 25, al san fedele, ore 20.45.
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