philippe, un uomo di indiscutibile ricchezza e di raffinata cultura,
seleziona un assistente personale. si presentano candidati dal curriculum
invidiabile. eppure philippe sceglie driss, un giovanotto di colore, che sembra
capitato lì per caso e che ha appena assaggiato le dure panche della prigione. i due sono destinati a diventare complici, come ci suggerisce l’adrenalinico ma
sottilmente ingannevole inizio del film. perché la loro non sarà una complicità
qualsiasi. quasi amici, il lungometraggio francese che ha incassato di più in Italia (oltre 14 milioni di euro), è una
commedia lanciata a tutta velocità verso un precipizio, visto che philippe è
legato a una sedia a rotelle, il corpo abbandonato e insensibile come quello di
una marionetta e il pericolo che il film piombi giù, nel patetico o nel
crudele, è imminente, quanto l’arresto per i due protagonisti nella scena
iniziale. e invece funziona, e benissimo.
perché si rivela una storia sul
diritto alla felicità, che è di tutti, e su una relazione possibile fra persone
“condannate a restare ai bordi”, tessuta intorno a due personaggi opposti:
philippe potrebbe avere tutto ciò che desidera, ma non può muoversi senza un
aiuto, driss arriva dalle periferie più disagiate, non ha né denaro, né
prospettive, è un allegro naif scurrile e inopportuno, ma “sconvolge” la quotidianità
di philippe restituendogli la gioia di vivere. tra zingarate notturne, risate
inopportune all’opera e picconate (anzi, colpi di pennello) al suo ambiente intellettuale. non a caso il titolo
originale del film è intoccabili: i
due protagonisti appartengono cioè a mondi dei quali è buona norma fingere di
occuparsi (i diversamente abili e gli immigrati), ma che in realtà i più
trascurano o non rispettano. certo, philippe è un miliardario e può
permettersi ciò che vuole: ma il film ha bisogno di un accostamento improbabile e di meccanismo narrativo che
rischi di apparire una favola ruffiana (e forse si salva sulla linea di porta), proprio per invitare a una riflessione sull'ipocrisia del politicamente corretto e sui margini della normalità (di vario genere). come, del resto, riesce a fare anche il libro da cui è tratto il
film, il diavolo custode, di philippe pozzo di borgo. philippe, già. come quello del film. perché questa è una storia
vera.
treninellanotte@gmail.com
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