vetrinometro - otto vetrine
salvatore ha 17 anni, sogna di fare lo chef ma, intanto, vende granite. veronica ha 15 anni, sembra più grande della sua età e ha fatto qualcosa che non doveva. gente a cui non si può dire di no ordina a salvatore di custodire veronica in un collegio abbandonato, un succedersi di stanze vuote, scale buie e ricordi. superata l'iniziale diffidenza, tra i due nasce un dialogo, quasi una complicità. un panino diviso a metà, un luogo immenso e misterioso da esplorare, la sorte comune di essere vittime del sistema, nel senso napoletano del termine. qualcosa che conoscono bene e non discutono: accettano, come parte del destino. tanto, vince sempre.
l'intervallo racconta l'ultimo giorno di innocenza di due ragazzi nel ventre della città. una pausa, appunto, in due vite che sembrano già prive di prospettive. "ciò che io voglio fare non c'è sulla terra", dice lei, più o meno. salvatore, improbabile carceriere, attira veronica in un mondo magico di uccellini che annunciano la pioggia e aneddoti di fantasmi, trovando in quel luogo avventuroso, circondato da un giardino incolto e popolato di gufi, lucertole e topi, un campo giochi più divertente dell'angolo di strada dove gratta il ghiaccio, un'isola ideale per dimostrarsi più adulto di quanto appaia. veronica, tanga nero e occhiali da sole, consapevolezza di donna in un corpo da ragazzina, è colpevole di un amore sbagliato: si lascia sorvegliare finendo per dettare le regole, anche se la sua fantasia è colonizzata dalla tv.
del resto, quando tocca a salvatore parlare, il mondo appare un luogo dove tutti sopravvivono come possono (l'episodio della cagna che partorisce: inutile aiutarla, se è arrivata in quel luogo saprà andarsene), una stanza piena d'acqua rimanda a fiumi pieni di coccodrilli e il primo episodio che viene in mente in un pomeriggio sotto la pioggia è un omicidio di camorra. in attesa che arrivi il boss a decidere il destino di veronica, i due ragazzi finiscono a guardare il loro quartiere da un tetto. giocando a chi far uccidere. dal destino, non per mano loro.
l'intervallo è un film sulla cultura della violenza e del sopruso, "sulla mentalità camorrista", ha detto il regista, messa in scena, però, attraverso la forzata, spietata convivenza fra due giovanissimi che a quella cultura non possono sottrarsi. è un film sul confronto/scontro tra due quasi-adulti che riesce a essere straziante e tenerissimo. recitato in napoletano (comprensibile) con sottotitoli e magnificamente fotografato da luca bigazzi, che trasforma un reperto edilizio in una giungla o in un castello e dipinge stati d'animo con le luci.
da consumarsi preferibilmente con...
treninellanotte@gmail.com