corpo celeste, di alice rohrwacher, con salvatore cantalupo, anita caprioli, renato carpentieri (ita/2010/98')
cinema povero eppure ricco, che più di tutto racconta l'avventura di crescere, illuminando la linea magica e misteriosa disposta fra due momenti della giovinezza. marta passa il film a uscire dal buio, scostare tende, aprire porte, attraversare passaggi chiaramente simbolici e la regista è bravissima a raccontarci, per immagini, quei momenti in cui sai che stai cambiando, ma non sai cosa stai diventando. certo, corpo celeste mette in scena anche un catechismo ridotto a quiz per la patente e sacerdoti carrieristi e cassieri della politica, ma fermarsi qui significa fare il gioco di una critica cattolica miope e con la sindrome della persecuzione, che peraltro non si accorge della puntualità di certe osservazioni (la cresima vista come un pensiero da togliersi).
il bersaglio della rohrwacher è piuttosto una comunità degli adulti che ha perso la capacità di toccare al cuore i più giovani, di trasmettere la magia delle cose, l'imprevedibile miracolo della vita (i gattini...), lo stesso che sigla limpidamente il finale, proprio mentre marta è diventata donna e la vita può portarla in grembo. sarà il vecchio prete di un paese (svuotato) a ricordare come cristo fosse una persona in carne e ossa, capace di arrabbiarsi e soffrire: un invito a tornare all'uomo, dietro i riti sociali, le preghiere a memoria e le formule svuotate di senso. a margine, istantanee nettissime dell'italia colonizzata dall'immaginario televisivo, in cui il pesce non si mangia perchè si nutre di marocchini morti, il brutto domina pure in chiesa (la croce al neon) e una grande città del sud è ridotta a un gruviera di case non finite. nei cui cortili si nascondono quattro vecchie a pregare, ultimo residuo di tradizioni perdute. corpo celeste è un film che manda a casa con tante domande in testa. per fortuna.
treninellanotte@gmail.com
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