rivisto, in un cineforum, la battaglia di algeri, di gillo pontecorvo. magnifico ritratto di una sconfitta, comunque la si pensi: quella della sinistra italiana che nel 1966 sognava ancora la rivoluzione, e nel frattempo raccontava quella dei popoli oppressi. senza sapere che si sarebbe fermata alle metafore. resta un film superbo, una riflessione politica, tattica e morale. politica, su come pilotare la conquista della libertà ("ma il difficile verrà dopo"), provando anche a dare nuove regole alla società (i bambini che fanno cadere il vecchio ubriaco: vengono in mente i fratelli musulmani, ma anche le rigide norme di comportamento richieste nel vecchio pci); tattica, sulla rivoluzione (e sulle strategie per contrastarla); morale, sulla responsabilità della società francese che non poteva fingere di non sapere che prezzo avesse il dominio sull'algeria. e lo sforzo di pontecorvo di far capire le ragioni dei francesi aumenta il valore del film. che, tra un bianco e nero di infinite sfumature e una lezione di tensione (tutta la sequenza del triplice attentato, con la musica araba che sembra un battito cardiaco e un timer), è un tesoro che riemerge dal tempo. dopo il film, c'è pure lo spettatore sulla cinquantina che dice: "adesso vediamo che cosa se ne fanno gli algerini dell'indipendenza". ecco perché è bene proiettare ancora questi film. comunque la si pensi
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