c'era una volta in anatolya, di nuri bilge ceylan, con yilmaz erdogan, taner bilser, firat tanis (tur/2011/150') - al cinema anteo
un poliziesco che comincia con la ricerca di un cadavere e finisce con un'autopsia. il corpo che tutti cercano si rintraccia, la verità, invece, avrà bisogno di più tempo. e non sarà nitida, malgrado il finale richiami alla mente quei telefilm in cui la prova di un delitto brilla da una fiala per laboratorio.
il fatto è che qui non ci sono laboratori, ma campagna a perdita d'occhio (filmata e fotografata magnificamente), un luogo misterioso dove è difficile definire il confine fra i villaggi, le pietre hanno forma di volto, ragazze belle come divinità illuminano la notte senza luce elettrica e la coscienza materializza fantasmi. e in realtà c'era una volta in anatolia si traveste da poliziesco per raccontare altro: la banalità del crimine, la rete di segreti e bugie che stringe le persone, le radici oscure e violente di una terra per soli uomini che intanto guarda all'europa (e al futuro). ma anche la foschia che avvolge il passato e richiede tempo per capire (o sospettare) come realmente siano andate le cose. più che un'indagine di polizia, del resto, questa è un indagine sugli uomini che la conducono, che si scoprono fra loro e si guardano dentro in un altopiano buio e magico, oltre la civiltà, un posto in cui si materializzano istinti, paure, rimorsi. tutto ciò che di giorno sappiamo nascondere, ma che di notte riemerge e sfugge.
girato nel cuore dell'anatolia dal regista del bellissimo uzak, che mi aveva fatto innamorare di fatma ceylan, è una tragedia in tre atti dai tempi dilatati e dai volti che sembrano romanzi. e chiede allo spettatore di osservare bene. le apparenze e ciò che esse nascondono. almeno, fin dove ci si può spingere.
un'intervista al regista (da amicinema.it)
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treninellanotte@gmail.com
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