vetrinometro: otto vetrine

pietà ribalta l'immagine della pietà. perché è la storia di una forma di spietatezza. perché è il figlio che prova pietà per questa donna, che si insinua nella sua vita e tira fuori il bambino e l'uomo da un simile edward, cuore di ferro. e perché il calvario del figlio sarà senza redenzione: dal viaggio conclusivo tra le vittime storpiate egli uscirà convinto di non poter risorgere.
e tutto è immerso in un mondo di derelitti, che in officine buie lavorano come schiavi per un benessere perduto, gente che si indebita per sopravvivere o anche solo per poter vivere davvero almeno gli ultimi giorni sulla terra, come l'artigiano che si getta da un edificio. gang-do, che di mestiere mutila debitori per incassare l'assicurazione, risparmia solo un padre che intende tranciarsi una mano per assicurare un futuro al primogenito in arrivo. un bambino da invidiare - spiega il protagonista, orfano dalla culla - perché ha un papà che provvede a lui. gang-do sta pentendosi del male compiuto? no, è già vittima del piano della madre. vera o no, importa relativamente.
sullo scenario di un paese in cui avere o non avere denaro determina tutto, kim ki-duk, ancora una volta, dipinge i nodi, il dolore, l'atrocità dei rapporti umani, delle forme di dipendenza fra le persone. in pietà, inflessibile cinema della crudeltà, ci sono diverse catene. sembrano gli ami de l'isola.
cosa c'è da vedere a milano-l'agenda di treninellanotte -
il mio domani, della spada, stasera a sesto san giovanni
la rassegna sul cinema noir da stasera in viale monza
la rassegna su cinema e moda che comincia mercoledì a palazzo morando
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