cosa piove dal cielo?, di sebastian borensztein, con ricardo darin, ignacio huang, muriel santa ana (arg-spa/93'/2011) - al cinema colosseo
c'era un cinese in argentina. che finiva gettato fuori da un taxi e non parlava una parola di spagnolo. ma rotolava nelle braccia di un ferramenta scorbutico e ringhioso, un uomo grigio unico inquilino di un pianeta grigio, nel quale il tempo si era fermato a trent'anni fa, per tornare a casa non si doveva nemmeno uscire dal negozio e la città sembrava popolata di nemici. o, al massimo, di seccatori.
ma può un uomo che detesta il contatto umano, al punto di respingere una donna con la quale è stato felice, aiutare un intruso che arriva dall'altra metà del mondo e che la barriera della lingua e del modo di vivere rende ancora più intruso?
cosa piove dal cielo? non è una commedia sull'integrazione nè sul confronto tra culture diverse. che pure offre al film metri di stoffa per cucire ironie, gag, lampi neri sul pregiudizio o l'ottusaggine delle istituzioni. è, piuttosto, la storia di un uomo (roberto) autoreclusosi in una scatola di ricordi e ferite profonde che non può fare a meno di occuparsi di qualcuno che ha bisogno, anche se quell'intrusione nella sua esistenza monotona diventa un tormento quotidiano, una folata di vento sul castello di carte dei suoi riti e delle sue sicurezze, un obbligo irritante, quasi sconvolgente, al rapporto umano. il risultato è una commedia su un incontro che cambia la vita e, come tale, si può leggere come riflessione sul melting pot. anche se, in realtà, il cinese del film (jun) arriva in una terra in cui gli altri cinesi sono già perfettamente integrati. del resto, l'attore che lo interpreta è un taiwanese che da tempo vive in argentina, recita e fa il grafico: si chiama ignacio huang...
aperto da un episodio che potreste incastonare nei primi minuti del superbo magnolia, di anderson, cosa piove dal cielo? è, più a fondo, la vicenda di un misantropo che ha l'hobby di collezionare notizie bizzarre per esorcizzare un lutto, dimostrando a se stesso che la vita è priva di senso, ma che sarà costretto a fare i conti con l'illogicità dei sentimenti ("ti amo, non c'è niente da capire", gli dice la donna che lo corteggia) proprio spinto da un bizzarro gioco del destino.
nulla di nuovo (accetto scommesse, per altro, sul fatto che ci sarà un remake americano), ma un ottimo, piacevole, divertente e toccante esempio di equilibrio. che torna a parlare dell'idiozia della guerra delle falkland (e si ripensa al - certo diversissimo - this is england), sfiora e tuttavia evita il burrone della favola, mette una fotografia da toni ingrigiti al servizio di un personaggio ingrigito (bravissimo ricardo darin, già visto ne il segreto dei suoi occhi), sceglie bene oggetti e luoghi (indimenticabile la vecchia fiat verde del protagonista che boffonchia nel traffico moderno di buenos aires), ricorda jeunet e sforbicia il finale quanto occorre per farci accettare, con garbo, che in altro modo non poteva finire.
il trailer
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