margin call, di j.c. chandor, con kevin spacey, stanley tucci, demi moore (usa/2011/107') - al cinema plinius
"guarda questa gente: non ha la minima idea di quello che sta per capitarle"
(da margin call)
il cinema americano che racconta la crisi. tra le nuvole, di reitman, ovvero liquidare i sogni del prossimo è un lavoro sporco, ma se vivi per aria il fetore non arriva; wall street 2, di oliver stone, ovvero le nuove generazioni faranno meglio di noi, però chi ci crede è un fesso; take shelter, di nichols, ovvero preparatevi perché non sapete né il giorno né l'ora.
margin call, dell'esordiente j.c. chandor, si spinge ancora più a fondo: volete diventare ricchi o almeno sembrarlo? accettate i rischi di una finanza creativa che modella un benessere solido come un castello di carte. e non fate la morale al prossimo, soprattutto a chi trucca le carte per fare diventare ricchi voi. la guerra quotidiana per l'avidità lascia sul campo, da sempre, vincitori e vinti e i secondi non possono accusare i primi se in passato si sono seduti allo stesso banchetto.
margin call fotografa l'ossessione dei soldi alimentata da un mondo di operatori finanziari che vivono cento piani sopra la città, proprio al livello del temporale di take shelter; non si pongono problemi morali se non in relazione alla società per cui lavorano o alla loro carriera e, quando se li pongono, li risolvono in fretta, l'importante è non perdere il posto; non sono necessariamente esperti di finanza, anzi, uno arriva dal mondo della missilistica e un altro progettava ponti: ciò che conta è saper giostrare numeri. le conseguenze di quei numeri sulla vita delle persone non hanno valore, come ha pochissimo valore l'impiego stesso: in poche ore si può essere accompagnati alla porta, con tutto ciò che si possiede gettato in una scatola.
margin call racconta - in una notte di caffè, alleanze, teste cadute e cifre sui monitor - la resa dei conti in una società sull'orlo del baratro, diciamo la lehman brothers nei momenti peggiori, ma i panni sporchi verranno lavati fuori. c'è qualcosa di familiare. è cinema scritto bene, che lascia il piacere di pensare, ricostruire, veder recitare. e, più del luciferino jeremy irons, resta in mente kevin spacey, vent'anni dopo la battaglia per la sopravvivenza nel magnifico americani. nel finale, rassegna le dimissioni e poi le ritira perché ha bisogno di guadagnare. infine, torna nel giardino della ex moglie a seppellire il cane morto. e, forse, quel che resta di se stesso.
il trailer
treninellanotte@gmail.com
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