con le braghe corte, un lucignolo che strilla sempre "never give up" e persino un misterioso grillo in salotto, luciano è un moderno pinocchio paracadutato nell'Italia dei dialetti antichi e dei centri commerciali moderni, del divertimento massificato e dell'arte di arrangiarsi, dei telefonini e dei bambini obesi (di miti e cibi), degli elettrodomestici assurdamente moderni in edifici vecchi e attorcigliati su loro stessi. un'italia in cui entrare in uno show diventa il solo accesso a una vita degna di essere vissuta. la promessa di benessere che lo schermo fa luccicare si trasforma in una bugia ogni giorno più dolorosa (e che il film sottolinea allungando e diluendo un po' troppo...), ma strapparsi all'illusione, rinunciare al paese dei balocchi, è un sacrificio inaccettabile. e pure una vergogna sociale. luciano si convince che la produzione del grande fratello valuti i suoi comportamenti giorno per giorno, spiandolo per strada e sul lavoro e fa di tutto per dimostrarsi un uomo buono, degno del paradiso. il paradiso di canale 5, non quello che annuncia la statua di cristo messa lì, a dominare la piazza su cui si spalanca la sua pescheria. ma in qualcosa bisogna pur credere e anche nella devotissima napoli si cambia referente.
reality, ovvero una forma mediata di realtà, una messa in scena della realtà, luccicante e irresistibile. non a caso il (folgorante) inizio del film, commentato da una colonna sonora da favola nera, vede una carrozza trainata da cavalli bianchi condurre una coppia di sposi alla festa nuziale, ingresso a un carnevale all'insegna del travestimento. anche solo per la distanza fra il lusso - pur osceno - del banchetto e le crepe nel muro della casa e della precaria quotidianità della famiglia di luciano. alla fine di quel banchetto, garrone filma grandi e piccoli che, tornati nella loro abitazione, si svestono e si struccano, come attori a sipario calato. il pescivendolo sarà presto ossessionato dall'idea di essere ammesso a uno spettacolo perenne, di avere un po' di fortuna, di godersi finalmente il problema di avere troppi soldi. e la potenza di quella illusione, del fascino che dona a chi vi cede e a chi ci crede, è resa magnificamente dal regista: di ritorno dal provino che sembra decisivo (e dire che a cinecittà si notava subito un enorme pallone gonfiato...), la famiglia del protagonista viene accolta dagli applausi del condominio, un condominio che pare un teatro. e si inchina, come dopo una commedia ben riuscita.
l'ultima inquadratura, pare abbandonare il nostro eroe a bordo di un'astronave fantasmagorica, incastonata fra i tetti di roma (e, del resto, all'inizio della pellicola, siamo planati su napoli).
ma questo non è un film di fantascienza. è il posto dove viviamo.
chi è aniello arena, un ergastolano che sognava cannes
cosa c'è da vedere a milano - l'agenda di treninellanotte - per amanti della montagna e del cinema di montagna: giovedì sera alle 21, al teatro arca di corso XXII marzo 23, proiezione del pluripremiato nanga parbat. qui per saperne di più.
la rassegna su cinema e moda che comincia mercoledì a palazzo morando
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