sabato 21 aprile 2012

i dardenne della falchera

sette opere di misericordia, di massimiliano e gianluca de serio, con roberto herlitzka, olimpia melinte, stefano cassetti (ita/2011/103')

non desiderare la roba d'altri/non desiderarne la sposa/ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi/che hanno una donna e qualcosa/nei letti degli altri, già caldi d'amore/non ho provato dolore/l'invidia di ieri non è già finita/stasera vi invidio la vita

(il testamento di tito, di fabrizio de andré)


luminita, una giovane rumena, commette piccoli furti ai margini di una città come tante: cibo, oggetti e denaro per comprarsi l'angolo di un furgone dove trascorrere la notte. è una invisibile, nessuno la nota, non vuole né deve farsi notare da nessuno. abita nell'ombra, come molti fra gli ultimi, come chi sopravvive di illegalità minuta. forse conosceva francesca, quella raccontata nel bellissimo film di bobby paunescu che ha irritato la mussolini, ma non è tornata in romania. incappa, invece, in un vecchio solo e malato, anch'egli inquilino dei bordi della metropoli, dove gli scampoli di terra concessi dall'autostrada ritagliano illusioni di campagna. lui sarà vittima di lei. ma poi l'umanità si farà strada tra la ferocia.

le sette opere di misericordia sono quelle elencate da gesù nel vangelo di matteo e diventano altrettanti capitoli del film, anche se il senso è a lungo ribaltato: visitare gli infermi è la parte che racconta di un furto ai danni di un uomo con la gola bucata e alloggiare i pellegrini quella in cui una casa viene sottratta con violenza al suo inquilino. un provocatorio rovesciamento del significato che ci porta a osservare le cose dalla parte dell'errore, ma solo in attesa degli ultimi capitoli del film. quando dar da bene agli assetati e seppellire i morti sono titoli che introducono gesti di compassione. e la compassione è il cuore di questo film, che crea e scompone un'insolita sacra famiglia - un vecchio, una ragazza, un neonato -, mette in scena il gesto umano di riconoscere l'altro e i suoi bisogni dopo che l'altro è stato la tua vittima o il tuo carnefice, disegnando una parabola che va dall'egoismo al donare se stessi.

ma il film è ispirato anche al quadro del caravaggio, sette opere di misericordia, per l'attenzione ai corpi e alla luce. il volto di roberto herlitzka è un paesaggio che recita e la progressiva uscita delle immagini dal buio si oppone all'impossibilità di chiarire il destino dei protagonisti. i gemelli de serio - torinesi della falchera, classe 1978, più volte premiati per i loro corti, i documentari, per questa stessa pellicola, realizzata in cinque anni di lavoro con mezzo milione di euro - firmano un debutto molto interessante. fra i dardenne e pasolini, propongono una riflessione sulla pietà, levigando il linguaggio. macchina da presa quasi sempre ferma ("perché già inquadrare è presuntuoso: non muoversi è una forma di rispetto", spiega massimiliano), pochissimi dialoghi (e alcuni rimasti sul tavolo di montaggio), un lavoro molto attento sul sonoro, in una torino immersa in una fotografia fredda e indifferente. come i passeggeri dell'autobus che, nell'ultima inquadratura, coprono l'immagine di luminita ferita, impedendoci di vederla scomparire.

da vedere, recuperare, discutere.

visto al san fedele, in una serata alla presenza di uno dei due registi. immaginavo una folla di giovani aspiranti registi - ce ne sono tanti - assediare la sala. immaginavo male.

il trailer

la pagina facebook del blog

treninellanotte@gmail.com

Nessun commento:

Posta un commento