venerdì 10 maggio 2013

vamos a decir que no

no - i giorni dell'arcobaleno, di pablo larrain, con gael garcia bernal, alfredo castro, antonia zegers (cile, 2012, 110')


una campagna elettorale può essere condotta, in tv, con le stesse logiche con cui si vende una bibita? si può sollecitare la voglia di democrazia in un pubblico anestetizzato da un regime come si sollecita la sete in un pubblico anestetizzato dal caldo? risponde pablo larrain in questo film che completa la sua triologia sul cile della dittatura, dopo tony manero e post mortem, proponendo il titolo più direttamente legato alla cronaca, eppure capace di volare più lontano. perché no - i giorni dell'arcobaleno non è solo un ritratto del cile del 1988, quando la comunità internazionale - non esclusi quei paesi che sostennero il dittatore contro allende - impose che i militari si mettessero alla prova con un referendum. e non è solo il racconto di come i sostenitori del no a pinochet provarono a sfruttare i 15' di spot elettorale concessi, in onda a tarda ora. è una riflessione sul compromesso tra ideali e propaganda, sul potere della comunicazione televisiva in politica, sul concetto di ottimismo che sconfigge la paura (potrebbe persino tornare in mente il pur diversissimo viva la libertà, di andò, che in realtà è tutt'altro che una commedia politica).

eppure resta, commovente, il ritratto di una generazione di oppositori al regime, gente scampata alle camere di tortura, che si ribella a una comunicazione che tiene lontano le lacrime e la rabbia, non usa il dolore come ricatto ma la fantasia per far balenare una gioia futuragioca con i colori, le provocazioni, la musica, un immaginario anni '80 da spot della cola. tanto da stanare un avversario che sarà costretto a svecchiare persino pinochet. 

tutto è intessuto con la vicenda personale di renée, il creativo che guida la campagna, non ideologizzato, non tesserato a un partito, figlio di un nuovo cile (proprio quello del generale) che sa d'america, suggestionato da un forno a microonde che diventa il simbolo di un'epoca e di un padre-bambino. sempre sullo skate, sempre in attrito con chi lo ha scelto, oltre che in perenne attrito con l'autorità e con il cuore. l'uomo che prova a dare un futuro al cile ha, insomma, dei conti in sospeso con il proprio passato. 

ma larrain - che si ostina, grazie al cielo, a fare il suo cinema, non il cinema richiesto dal botteghino - sceglie di filmare con una macchina da presa da inizio anni '80, mescolando tutto con materiale d'epoca e creando, quindi, un unico impasto visivo, poco definito, si dirà, ma perfettamente coerente. e gioca con il montaggio descrivendo uno stato d'animo febbrile, quello tipico della creatività (i dialoghi che collegano scene slegate per tempo e luogo).

il finale sceglie la via di un'ambiguità che costringe a riflettere: il cile si è liberato del dittatore, ma non dell'avidità della politica (guardatevi bene la scena dei festeggiamenti) né di nuove forme di dittatura, che sostituiscono mostrine e manganelli con certo meno cruenti modelli culturali. modelli che hanno nutrito la campagna per il no e che trovano pronti chi ha votato sì. come dire: la libertà ha un prezzo.
cosa c'è da vedere a milano - l'agenda di treninellanotte: il documentario dalle terre di nessuno, di elio annese (2009), che racconta la trasformazione della bovisa, dal 1976 al 2008, come specchio dei cambiamenti di milano: lunedì sera alle 20.30 a chiamamilano (via laghetto 9/11) per inzona cinema. ingresso gratuito su prenotazione. il regista sarà presente in sala.
treninellanotte@gmail.com



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